Compromessi e tecnologie per aumentare la densità di potenza - Elettronica Plus

2023-02-15 15:46:07 By : Ms. Vivian lee

Un aspetto fondamentale per una progettazione di successo è spesso la riduzione delle dimensioni dell’alimentatore. Lo spazio è limitato. La pressione a ottenere di più con minore dispendio di risorse è costante. Più in generale, la miniaturizzazione degli alimentatori ha permesso, e continuerà a permettere, la creazione di nuovi mercati e applicazioni.

Questo documento esamina i limiti all’aumento della densità di potenza e fornisce esempi di tecnologie che possono aiutare i progettisti a superare queste limitazioni.

Che cos’è la densità di potenza?

È possibile vedere la densità di potenza in diversi modi a seconda dell’applicazione, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: ridurre le dimensioni della soluzione per ottenere miglioramenti nella densità di potenza.

Che cosa pone limiti alla densità di potenza?

I fattori principali che limitano la capacità di un progettista di migliorare la densità di potenza sono le perdite di potenza del convertitore, tra cui perdite da conduzione, dovute alla carica, al recupero inverso e perdite di accensione e spegnimento, oltre alle prestazioni termiche del sistema.

Come superare le limitazioni della densità di potenza

I progettisti devono affrontare ogni fattore limitante in parallelo: ridurre le perdite di commutazione, migliorare le prestazioni termiche del package, adottare topologie e circuiti innovativi, e ricorrere a un’integrazione più passiva. La tendenza verso una maggiore densità di potenza è presente nel settore da decenni e si prevede che prosegua.

La Figura 1 mostra la riduzione delle dimensioni del convertitore con il passare del tempo per i moduli di potenza da 6 A a 10 A. I progressi tecnologici possono permettere notevoli passi in avanti nella riduzione delle dimensioni o nelle capacità di potenza erogata. Ciascuna linea continua rappresenta una nuova generazione tecnologica e mostra i relativi guadagni in termini di densità di potenza.

Figura 1. Riduzione delle dimensioni dei moduli di potenza in funzione del tempo grazie all’avvento delle nuove generazioni tecnologiche

I progressi in termini di densità di potenza vanno spesso di pari passo con gli sviluppi in altre aree, come l’efficienza o i costi. In generale, i miglioramenti fondamentali nell’efficienza della conversione di potenza consentono di ridurre le dimensioni della soluzione. Tali riduzioni hanno quindi un effetto a catena permettono di ottenere risparmi in termini di costi grazie al minore impiego di materiale fisico, meno componenti, migliori strutture dei costi, maggiore integrazione delle soluzioni e costo totale di proprietà inferiore.

Che cos’è la densità di potenza?

La densità di potenza è una misura che indica la quantità di potenza che può essere elaborata in un dato spazio, quantificabile come la quantità di potenza elaborata per unità di volume in unità di watt per metro cubo (W/m3) o watt per pollice cubo (W/in3). Questi valori si basano sulla potenza nominale del convertitore e sul volume della scatola (lunghezza × larghezza × altezza) della soluzione di alimentazione comprendendo tutti i componenti, come mostrato in Figura 2. È possibile scalare le unità al livello di potenza appropriato o alle dimensioni appropriate. Ad esempio, i kilowatt per litro sono una cifra di merito (FoM, figure of merit) comune per i caricabatterie di bordo dei veicoli elettrici, in quanto questi convertitori di potenza erogano livelli di potenza in kilowatt (tra 3 kW e 22 kW).

Figura 2. Un convertitore flyback active clamp da 65 W che misura 65 mm × 28 mm × 25 mm.

 La densità di corrente è una metrica correlata alla densità di potenza ed è piuttosto utile, essendo quantificabile come corrente per unità di volume in unità di ampere per pollice cubo o ampere per millimetro cubo. La corrente nominale del convertitore (di solito, la corrente di ingresso o la corrente di uscita) viene utilizzata nel calcolo della densità di corrente.

La densità di corrente è spesso una FoM più appropriata per l’impiego in applicazioni come i regolatori di tensione del punto di carico. Le dimensioni di questi progetti sono scalabili in base alla corrente di uscita e i livelli di tensione di uscita sono generalmente bassi, intorno a 1 V. È possibile gonfiare artificialmente i numeri della densità di potenza ipotizzando una tensione elevata ma irrealistica; pertanto, la densità di corrente è una metrica più efficace in quanto elimina la necessità di tenere conto della tensione di uscita.

Talvolta, la densità volumetrica non è importante. L’elettronica di potenza potrebbe non avere vincoli in altezza, in quanto altre parti del progetto sono già nettamente più alte. Il fattore limitante potrebbe essere invece l’area del circuito stampato. Migliorare la densità di potenza in queste situazioni potrebbe comportare la ricerca di metodi per impilare o integrare i componenti in 3D al fine di ridurre l’ingombro della soluzione di alimentazione. Pertanto, occorrerebbe modificare le metriche utilizzate per confrontare le soluzioni in watt per millimetro quadrato o ampere per pollice quadrato, evidenziando quindi l’obiettivo chiave del progetto (come mostrato in Figura 3).

Figura 3. Un convertitore del punto di carico da 10 A un’area di 13,1 mm × 10 mm, risultando in una densità di corrente di 76 mA/mm2.

È possibile vedere la densità di potenza in diversi modi a seconda dell’applicazione, ma l’obiettivo rimane lo stesso: ridurre le dimensioni della soluzione per ottenere miglioramenti nella densità di potenza. La questione che si pone è quindi come ottenere tali guadagni a livello di densità di potenza.

Che cosa pone limiti alla densità di potenza?

L’ingegnere e i ricercatori tentano da anni di individuare metodi di miglioramento della densità di potenza. Si tratta di un compito impegnativo. La maggior parte di loro ha concentrato i propri sforzi sulla riduzione delle dimensioni dei componenti passivi utilizzati per la conversione dell’energia. Di solito, induttori, condensatori, trasformatori e dissipatori di calore coprono la maggior parte delle dimensioni della soluzione di alimentazione, come mostrato in Figura 4. Gli interruttori a semiconduttore e i circuiti di controllo sono nettamente più piccoli e integrati.

Figura 4. I componenti passivi, come induttori e condensatori, possono occupare molto spazio.

Come ridurre le dimensioni dei componenti passivi? Una soluzione semplice consiste nell’aumentare la frequenza di commutazione. I componenti passivi nei convertitori a commutazione immagazzinano e rilasciano energia ad ogni ciclo di commutazione. Frequenze di commutazione più elevate richiedono di accumulare meno energia per ciascuno di questi cicli. Ad esempio, è possibile considerare l’Equazione 1, ossia l’equazione di progetto per l’induttore in un convertitore buck:

L’induttanza necessaria (L) è inversamente proporzionale alla frequenza di commutazione (fSW). All’aumentare della frequenza di commutazione, diminuisce l’induttanza. Un’induttanza inferiore permette di utilizzare induttori più piccoli e risparmiare spazio. La Figura 5 mostra la differenza di dimensioni per gli induttori necessari in un convertitore da 3 A, 36 V, che commuta a 400 kHz rispetto a 2 MHz.

Figura 5. Confronto delle dimensioni di un convertitore da 3 A, 36 V che commuta a 400 kHz (sinistra) e 2 MHz (destra).

L’uso di frequenze di commutazione più elevate offre anche ulteriori vantaggi in termini di dimensioni. L’aumento della frequenza di commutazione permette di incrementare la larghezza di banda del circuito di controllo, consentendo quindi di soddisfare i requisiti prestazionali per i transienti con una minore capacità di uscita. È possibile progettare filtri di interferenza elettromagnetica (EMI) in modalità differenziale con induttanza e capacità inferiori, nonché utilizzare trasformatori di minori dimensioni senza saturare il materiale del nucleo magnetico.

Quindi, perché tutti non scelgono semplicemente di aumentare la frequenza di commutazione? Evidentemente, è molto più facile a dirsi che a farsi. Anche riducendo tutti gli elementi passivi utilizzati nei convertitori di potenza a una dimensione insignificante, rimangono comunque alcune opportunità per ridurre le dimensioni della soluzione di alimentazione. Interruttori di alimentazione, driver del gate, resistenze di impostazione della modalità, componenti della rete di feedback, filtri EMI, componenti di rilevamento della corrente, circuiti di interfaccia, dissipatori di calore e molti altri componenti occupano spazio prezioso. Tutti questi aspetti della progettazione dell’alimentazione nel suo insieme costituiscono aree in cui l’innovazione permette di migliorare la densità di potenza. Passiamo quindi ad esaminare gli elementi che contribuiscono maggiormente a limitare le possibilità di un progettista di migliorare la densità di potenza.

 Che cosa pone limiti alla densità di potenza: le perdite di commutazione

Sebbene l’aumento della frequenza di commutazione possa aumentare la densità di potenza, c’è un motivo per cui attualmente i convertitori di potenza non commutano solitamente a valori superiori alla gamma dei megahertz. Aumentare la frequenza di commutazione ha come effetto collaterale indesiderato un aumento delle perdite di commutazione e un aumento di temperatura ad esso correlato. Ciò è causato in larga misura da alcune perdite di commutazione dominanti.

Per apprezzare queste perdite di commutazione è importante chiarire per prima cosa alcuni termini utilizzati nel settore. Nei dispositivi a semiconduttore, la quantità di carica associata a quel dispositivo è solitamente correlata alla resistenza di stato attivo.

Una resistenza inferiore comporta una maggiore carica del gate e una maggiore capacità parassita. Questo compromesso tra resistenza e carica è spesso quantificato dalla FoM RQ, definita come una resistenza attiva del dispositivo moltiplicata per la carica totale da fornire al terminale per la commutazione del dispositivo alla tensione d’esercizio.

Inoltre, l’area occupata da un dispositivo per raggiungere una resistenza obiettivo è spesso definita come resistenza per area (Rsp). È possibile ridurre le perdite di conduzione riducendo la resistenza di stato attivo (RDS(on)) del transistor metallo-ossido-semiconduttore a effetto di campo (MOSFET). Tuttavia, la riduzione della resistenza di stato attivo comporta anche un aumento delle perdite relative alla commutazione del dispositivo e un aumento dell’area e del costo complessivi del die.

A seconda dell’implementazione e dell’applicazione, l’impatto delle varie perdite di commutazione sulla perdita di potenza complessiva può variare. Per maggiori dettagli su ciascuna tipologia di perdita, vedere la nota applicativa Calcolo della perdita di potenza in considerazione dell’induttanza di sorgente comune per convertitori buck sincroni. Ai fini di questo documento, consideriamo quindi un esempio di convertitore buck, evidenziando i principali fattori limitanti relativi a ciascuna componente della perdita.

Fattore limitante chiave n. 1: perdite relative alla carica

In qualsiasi convertitore CC/CC ad hard-switching, la carica e la scarica delle capacità parassite nel sistema richiedono una certa quantità di energia. Per una data tecnologia di commutazione e una data tensione nominale, l’Equazione 2 e l’Equazione 3 stimano queste perdite nel modo seguente:

Come visibile nell’Equazione 2 e nell’Equazione 3, è possibile ridurre queste perdite in primo luogo riducendo la frequenza di commutazione (non desiderabile), migliorando le FoM relative alla carica del MOSFET (QG e CDS) o scambiando le perdite di conduzione con le perdite di commutazione.

Fattore limitante chiave n. 2: le perdite di recupero inverso

In un convertitore buck, il recupero inverso si verifica quando il MOSFET high-side si attiva mentre il body diode del MOSFET low-side conduce corrente, costringendo quindi la corrente del diodo low-side a passare rapidamente al MOSFET high-side. Durante questa transizione, è necessaria una corrente per rimuovere la carica minoritaria del diodo low-side, causando quindi una perdita di commutazione diretta; vedere l’Equazione 4.

Uno degli approcci migliori per ridurre l’impatto del recupero inverso del diodo consiste nel ridurre la carica immagazzinata (QRR) tramite l’ottimizzazione del design del MOSFET; in alternativa, è possibile ridurre o eliminare il tempo morto del fronte di salita, annullando quindi completamente l’impatto della perdita.

Fattore limitante chiave n. 3: le perdite di accensione e spegnimento

Le induttanze parassite nel circuito possono causare una serie di perdite correlate alla commutazione e che possono ridurre sensibilmente l’efficienza. Prendiamo nuovamente in considerazione un convertitore buck con il MOSFET high-side che conduce la corrente dell’induttore. Disinserendo l’interruttore high-side si interrompe la corrente che attraversa l’induttanza parassita. Le correnti transitorie (di/dt), insieme all’induttanza parassita del circuito, inducono un picco di tensione. Maggiori sono le di/dt, minori sono le perdite di commutazione, con una conseguente maggiore sollecitazione di tensione del dispositivo. Ad alcune velocità di spegnimento, l’interruttore high-side del convertitore buck subisce dei guasti. Pertanto, è necessario gestire con attenzione le velocità di commutazione al fine di massimizzare l’efficienza mantenendo in funzione il convertitore CC/CC all’interno del suo campo d’esercizio in sicurezza. Per ulteriori informazioni, consultare la nota applicativa Comprendere le curve SOA per il funzionamento a correnti di uscita e temperature elevate.

Inoltre, la riduzione della carica di drain del MOSFET high-side può portare anche a ulteriori picchi di tensione su di esso, a causa della minore capacità da parte della rete induttore-condensatore di assorbire l’energia immagazzinata nell’induttanza del circuito parassita. Ciò costituisce un’ulteriore difficoltà, in quanto è meglio mantenere la carica di drain al valore più basso possibile per ridurre le perdite relative alla carica menzionate in precedenza. La riduzione delle perdite complessive correlate a questi elementi parassiti richiede solitamente di ridurre l’induttanza del circuito stesso, insieme all’impiego di altre tecniche per il driver del gate.

Che cosa pone limiti alla densità di potenza: le prestazioni termiche

Un fattore chiave in merito alla densità di potenza complessiva sono le prestazioni termiche del sistema. Migliore è la capacità del package di dissipare calore, maggiori sono le perdite di potenza che solitamente è possibile accettare senza comportare aumenti di temperatura irragionevoli. Di solito, questi fattori sono compresi in parametri della scheda tecnica come la resistenza termica giunzione-ambiente (RӨJA), in aggiunta a stime accurate delle condizioni applicative. Maggiori dettagli sui valori di impedenza termica comuni nelle schede tecniche MOSFET sono disponibili nel video: Capire le schede tecniche dei MOSFET: impedenze termiche.

L’obiettivo complessivo dell’ottimizzazione termica di un package e di un circuito stampato (PCB) è ridurre l’aumento di temperatura in presenza delle perdite del convertitore di potenza. Date le crescenti tendenze verso la miniaturizzazione e la riduzione dei costi, le dimensioni complessive della soluzione del convertitore, dell’interruttore di alimentazione e del driver del gate si sono ridotte. Ciò ha complicato sempre di più i progetti termici a livello di sistema, in quanto le dimensioni ridotte dei componenti in silicio e dei package traducono generalmente in prestazioni termiche peggiori, come mostrato nella Figura 6. Al ridursi dell’area del die, la resistenza termica giunzione-ambiente ad essa correlata (RӨJA) peggiora esponenzialmente.

 Figura 6. RӨJA del package rispetto all’area del die.

Questo grafico mostra chiaramente come il miglioramento delle dimensioni del package, della dimensione del die e della densità di potenza complessiva comporti un rapido degrado delle prestazioni termiche, a meno che non si dia la priorità alle innovazioni in termini di prestazioni termiche del package (Dissipazione del calore) e si riducano le perdite di potenza (generando meno calore).

Come superare le limitazioni della densità di potenza

Scegliere di concentrarsi su uno soltanto degli elementi chiave evidenziati nelle sezioni precedenti può portare a miglioramenti complessivi della densità di potenza. Tuttavia, per ottenere effettivamente densità di potenza prima irraggiungibili, è necessario affrontare ogni fattore che limita la densità in parallelo: ridurre le perdite di commutazione, migliorare le prestazioni termiche del package, adottare topologie e circuiti innovativi, e, ultimo ma non meno importante, l’integrazione.

Innovazioni per le perdite da commutazione

Gli investimenti nella tecnologia dei semiconduttori sono chiaramente necessari per ottenere ottime prestazioni dei dispositivi ed eccellenti FoM. Ciò può comprendere le innovazioni volte a migliorare le tecnologie esistenti o lo sviluppo di nuovi materiali con prestazioni fondamentalmente migliori, come la tecnologia al nitruro di gallio (GaN) per applicazioni di commutazione ad alta tensione.

Figura 7. Confronto dell’efficienza CC/CC per convertitore buck da 3,3 V e 1,8 V.

La Figura 7 mette a confronto un convertitore buck da 3,3 V e uno da 1,8 V utilizzando diverse tecnologie di processo per l’alimentazione di Texas Instruments (TI). Il TPS54319 utilizza il precedente nodo di processo dell’alimentazione di TI, mentre il TPS62088 sfrutta il più recente nodo di processo dell’alimentazione di TI con FoM RQ inferiori. Come mostrato dalla curva di efficienza, il TPS62088 è in grado di commutare a 4 MHz rispetto alla commutazione a 2 MHz del TPS54319, mantenendo praticamente la stessa efficienza. Questa possibilità permette di dimezzare le dimensioni dell’induttore esterno. Inoltre, poiché il nuovo nodo di processo dell’alimentazione di TI consente anche di ridurre sensibilmente la RSP, le dimensioni complessive del package si riducono da 4 mm2 a 0,96 mm2. Sebbene questa riduzione delle dimensioni sia molto interessante dal punto di vista della densità di potenza, introduce anche ulteriori sfide per quanto riguarda l’aumento della temperatura, che verranno esaminate in una sezione successiva.

Il TPS54319 commuta a 2 MHz e utilizza il precedente nodo di processo dell’alimentazione di TI, mentre il TPS62088 commuta a 4 MHz utilizzando il più recente processo di alimentazione di TI con FoM di commutazione migliorate

L’esclusiva combinazione offerta dal GaN, con recupero inverso nullo, bassa carica in uscita e slew rate elevato, consente di realizzare nuove topologie totem-pole, come la correzione del fattore di potenza bridgeless. Queste topologie presentano efficienza e densità di potenza più elevate rispetto a quelle raggiungibili dai MOSFET al silicio. La Figura 8 mette a confronto la tecnologia al GaN di TI a 600 V e alcuni dei migliori dispositivi al carburo di silicio (SiC) e al silicio a supergiunzione disponibili nel settore. La tecnologia al GaN di TI offre perdite sensibilmente inferiori e, quindi, consente di raggiungere una frequenza più elevata.

Figura 8. Confronto fra le perdite di energia di commutazione.

La capacità di dissipare il calore dal package di un circuito integrato (IC) impatta direttamente sulla densità di potenza. Come accennato in precedenza, ciò rappresenta un problema sempre più importante a mano a mano che le dimensioni dei package si riducono. Inoltre, in un tipico convertitore di potenza, i dispositivi a semiconduttore possono diventare spesso la parte più calda della soluzione, specialmente con la rapida riduzione dell’Rsp.

TI ha investito nello sviluppo e nell’adozione del package HotRod™ , che sostituisce i tipici package QFN (Quad Flat No-Lead) di tipo bond wire con un package in stile flip chip. La Figura 9 e la Figura 10 mostrano come un HotRod QFN è in grado di eliminare i bond wire pur mantenendo un footprint simile al QFN. Ciò si traduce in una sensibile riduzione dell’induttanza del circuito parassita, tipica dei package flip chip, conservando alcuni dei vantaggi in termini di prestazioni termiche del package QFN. L’HotRod QFN è dotato inoltre di un’interconnessione tra il lead frame e il die.

Figura 9. Package QFN standard a bond wire con pad esposto.

Figura 10. Package HotRod QFN interconnesso (flip-chip-on-lead).

Una sfida posta dal package HotRod è la maggiore difficoltà a costruire DAP (die attach pad) di grandi dimensioni, che risultano generalmente molto utili per migliorare le caratteristiche termiche del package. Per superare questa sfida, TI ha recentemente migliorato l’HotRod QFN in modo da conservarne i vantaggi già esistenti e rendere contemporaneamente possibile la realizzazione di package con DAP di grandi dimensioni.

In Figura 11, Figura 12 e Figura 14 è mostrato il convertitore sincrono a 4 A LM60440 che contiene questi sviluppi tecnologici per migliorare le prestazioni. Si nota come il footprint sia favorevole per un DAP di grandi dimensioni al centro del package.

Si nota come il footprint sia favorevole per un DAP di grandi dimensioni al centro del package. Questo DAP offre il vantaggio di un aumento della temperatura pari a circa il 15% rispetto alla generazione precedente.

Ulteriori informazioni sull’evoluzione di questi package sono disponibili nell’articolo Progettazione con piccoli convertitori CC/CC: confronto fra package HotRod™ QFN e Enhanced HotRod™ QFN sull’Analog Design Journal.

Figura 11. Enhanced HotRod QFN con un DAP di grandi dimensioni.

Figura 12. Disposizione dei pin di LM60440 in un Enhanced HotRod QFN.

Figura 13. Prestazioni termiche di un package HotRod convenzionale.

Figura 14. Prestazioni termiche dell’LM60440 con DAP nel package Enhanced HotRod QFN, con temperatura media ridotta a 71,1 °C.

Inoltre, molti designer preferiscono sfruttare i package SOT (small outline transistor) a montaggio superficiale, in quanto tendono ad avere un costo ridotto e di loro conduttori dei pin sono più facili da assemblare. TI ha abbinato una tecnologia di processo migliorata e un IP del circuito con il package SOT-563 in modo che la configurazione dei pin a doppia fila e a basso profilo possa soddisfare le richieste di maggiore densità di corrente. Il convertitore buck sincrono TPS566242 da 3 V a 16 V è un esempio recente. Il dispositivo supporta fino a 6 A di corrente continua al 98% del duty cycle in un footprint SOT-563 da 1,6 mm x 1,6 mm (a 6 pin).

Analogamente, quando si lavora con package WCSP (Wafer Chip-Scale Package), la maggior parte del calore viene condotta direttamente all’esterno dei bump, fino al circuito stampato. Maggiore è l’area dei bump in un WCSP, migliori sono le prestazioni termiche. Di recente, TI ha sviluppato e presentato i package PowerCSP™, che mirano a migliorare le prestazioni termiche ed elettriche dei package sostituendo alcuni dei tipici bump circolari di un WCSP con barre di saldatura di grandi dimensioni. La Figura 15 mostra un esempio di implementazione di questa tecnologia nel TPS62088. La Figura 15 mostra il WCSP standard, mentre la Figura 16 mostra lo stesso dispositivo con il package PowerCSP. L’aumento di temperatura viene ridotto del 5% circa senza ulteriori modifiche nel sistema.

Figura 15. Prestazioni termiche della versione WCSP del TPS62088YFP

Figura 16. TPS62088YWC, versione PowerCSP.

Innovazioni di progettazione avanzata dei circuiti

Un effetto collaterale negativo di avere Rsp più basse e FoM RQ più basse è l’impatto che una carica di drain ridotta ha sulle perdite di transizione. Osservando la Figura 17, si nota come, per una data quantità di sovraelongazione della tensione, la perdita di spegnimento di questo convertitore buck aumenti in modo sensibile con la riduzione della carica di drain. In presenza di questo compromesso, è necessario introdurre una nuova proprietà intellettuale (PI) avanzata per il driver del gate al fine di commutare i MOSFET il più rapidamente possibile, pur mantenendoli all’interno del loro intervallo d’esercizio sicuro dal punto di vista elettrico, nonostante la costante roadmap di miglioramento dei MOSFET con FoM RQ. A mano a mano che la carica di drain si riduce, l’energia di spegnimento aumenta per mantenere una sollecitazione di tensione fissa da drain a source.

Figura 17. Perdite di energia allo spegnimento per varie tecnologie MOSFET.

Su queste basi, recentemente TI ha sviluppato una famiglia di tecniche per driver del gate che consentono una commutazione molto rapida nonostante la riduzione delle FoM RW dei MOSFET, con conseguenti miglioramenti nelle perdite di carica e di transizione, pur mantenendo i MOSFET nel loro intervallo d’esercizio sicuro dal punto di vista elettrico. Come si nota nel confronto tra la Figura 18 e la Figura 19, è possibile ridurre la perdita di energia allo spegnimento fino al 79% mantenendo fissa la sollecitazione di tensione di picco. In alcuni progetti, come mostrato nella Figura 19, questa riduzione può comportare guadagni di efficienza fino al 4% nel punto di efficienza di picco.

Figura 18. Confronto della PI del driver del gate che consente una bassa carica di drain e una bassa energia allo spegnimento.

Figura 19. Impatto della PI del driver del gate sull’efficienza del sistema.

Oltre all’avanzata tecnologia del driver del gate, vi è un’importante opportunità per migliorare la densità di potenza attraverso le innovazioni della topologia. La Figura 20 mostra una topologia per convertitore FC4L (Flying Capacitor Four-Level) che consente una serie di vantaggi fondamentali in termini di densità di potenza, tra cui un miglioramento delle FoM del dispositivo grazie a valori di tensione del dispositivo inferiori, dimensioni ridotte del filtro magnetico e migliore distribuzione termica. Questi vantaggi si traducono in miglioramenti della densità di potenza, come mostrato nella Figura 21. Rispetto ad altre topologie che utilizzano il SiC, la soluzione di TI offre una sensibile riduzione del volume tramite l’impiego di questa particolare topologia, in combinazione con i vantaggi offerti dalle tecnologie GaN e da avanzate tecnologie per package. La soluzione GaN FC4L di TI offre la densità di potenza migliore.

Figura 20. Topologia del convertitore FC4L che utilizza interruttori GaN.

Figura 21. Volume complessivo delle topologie e dei tipi di interruttore.

L’ultimo tassello del puzzle per una migliore densità di potenza consiste nell’integrazione. Un’integrazione a costo conveniente permette di ridurre gli elementi parassiti e la distinta base, oltre a consentire una maggiore efficienza e risparmi in termini di spazio. L’integrazione si applica a diversi aspetti della gestione dell’alimentazione. Infatti, può comportare l’inserimento di più circuiti elettrici in un unico circuito integrato, l’aggiunta di più componenti in un package o l’impacchettamento di più elementi nella soluzione di alimentazione attraverso altri mezzi fisici o meccanici. Alcuni esempi di leadership tecnologica in quest’area sono i driver integrati con i FET GaN, l’integrazione dei condensatori per la riduzione dell’induttanza critica del circuito e lo stacking 3D di componenti passivi.

L’inclusione di driver del gate con FET di potenza a commutazione presenta molti vantaggi. L’induttanza del circuito di commutazione di azionamento del gate si riduce, il che consente di ottenere velocità di commutazione più elevate, un funzionamento più affidabile e di utilizzare meno componenti. I FET GaN, in particolare, traggono beneficio da questa integrazione. Funzionalità aggiuntive, come la protezione da sovracorrente, la protezione da sovratemperatura e il monitoraggio, sono incluse in dispositivi come l’LMG3522R030-Q1 (vedere la Figura 22). Questa integrazione semplifica notevolmente la soluzione di gestione dell’alimentazione e consente ai progettisti di ottenere tutto ciò che il GaN può offrire.

Figura 22. Funzioni di driver, protezione e monitoraggio integrate con un interruttore GaN su LMG3522R030-Q1.

Alternativa per l’integrazione consiste nell’includere i componenti passivi nel package del circuito integrato. L’integrazione di condensatori di disaccoppiamento ad alta frequenza è una tecnica utilizzata nell’LMQ61460-Q1, come mostrato nella Figura 23. L’integrazione dei condensatori può migliorare l’efficienza grazie alla riduzione dell’induttanza parassita critica del circuito e riducendo le EMI. Inoltre, questa soluzione di alimentazione può aumentare i tempi di commutazione senza sacrificare l’affidabilità del sistema o superare i limiti termici, portando a frequenze di commutazione più elevate e riduzioni delle dimensioni della soluzione con un minore filtraggio delle EMI. L’UCC14240 sfrutta l’integrazione dei componenti magnetici per offrire un’alimentazione a polarizzazione isolata senza trasformatore esterno. Questo approccio permette di ridurre le dimensioni, la complessità e le EMI.

Figura 23. Fotografia a raggi X dell’LMQ61460-Q1, con i condensatori di bypass integrati in evidenza.

Un ultimo esempio di integrazione è lo stacking 3D dei componenti, che si riscontra spesso nei moduli di potenza con componenti passivi integrati. La Figura 24 utilizza come esempio il TPS82671. Questo dispositivo incorpora al suo interno il circuito integrato di potenza in un substrato laminato e vi sovrappone un induttore e condensatori di ingresso e uscita. Questa soluzione di dimensioni incredibilmente ridotte non richiede componenti aggiuntivi. Un semplice concetto di integrazione riesce a ottenere risultati sorprendenti, risparmiando spazio sul circuito stampato e semplificando la soluzione di alimentazione.

Figura 24. Modulo di alimentazione di dimensioni ridotte con circuito di alimentazione, induttore e condensatori integrati.

In definitiva, la tendenza verso una maggiore densità di potenza è evidente. Esistono importanti limitazioni alla realizzazione di soluzioni di alimentazione più compatte. Il superamento delle sfide prestazionali poste dalle perdite di potenza e termiche richiede il ricorso a innovazioni nelle proprietà di commutazione, nei package dei circuiti integrati, nella progettazione e nell’integrazione dei circuiti. Ciascuno di questi tasselli del puzzle, preso singolarmente, offre notevoli opportunità di miglioramento della densità di potenza, ma ciascuna tecnica si intreccia con le altre. Di conseguenza, è possibile ottenere un netto miglioramento della densità di potenza combinando le tecnologie di ciascuna categoria.

Immaginate un prodotto con le migliori FoM di commutazione del dispositivo, capacità termiche del package a livello leader nel settore e utilizzo di topologie multilivello con l’induttanza di circuito più bassa possibile grazie all’interazione passiva. I progressi tecnologici interagiscono tra loro, traducendosi in enormi passi avanti nel campo della densità di potenza.

Oggi è possibile ottenere maggiore potenza in spazi più piccoli e migliorare le funzionalità del sistema a costi di sistema ridotti utilizzando avanzate tecnologie di processo, packaging e progettazione dei circuiti di TI. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito ti.com/ powerdensity.

Circuiti integrati USB Type-C e USB Power Delivery

Jeffrey Morroni, Ph.D, Manager - Kilby Power, Isolation and Motors (Texas Instruments), Pradeep Shenoy, Ph.D. Manager, Power Design Services (Texas Instruments)

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